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Tursi e la fatica della democrazia


di GIANFRANCO DE FRANCO

 Antonio Tursi, "candidato dei territori", paladino della democrazia interna al Pd contro gli oligarchi che decidono in quattro a Roma i destini del congresso provinciale del Pd, si è stancato della democrazia prima ancora di praticarla. Stabilendo così un record assoluto. Lui decide da solo (almeno a Roma in 4 c'erano), senza nemmeno consultare i suoi compagni di viaggio e tradendo lo spirito per il quale i Ricostituenti di Mario Franchino avevano raccolto per lui decine e decine di firme risultando determinanti per consentirgli di presentare la candidatura.

La storia ci insegna, in realtà, che la democrazia stanca. Per non andare lontano pensiamo a Renzi ai tempi del Pd, a Trump dell'assalto al Campidoglio, a Erdogan, a Putin. Non vorrei continuare perché magari si monta la testa (Tursi). Gli venisse in mente di spodestare Mattarella.

Fatto sta che Tursi ha stretto un accordo con i Ricostituenti consentendo a Franchino di presentare la sua (sfortunata) candidatura al Congresso regionale e a se stesso di candidarsi con successo a quello provinciale.

L'accordo politico era quello di smontare la classe dirigente che ha portato elettoralmente il partito a percentuali a 1 cifra e instaurare un metodo che coinvolgesse i territori e tutti i compagni dei circoli.

E invece Tursi cosa fa? Dopo la rinuncia di Vittorio Pecoraro e la scarsa accoglienza del candidato superstite, Maria Locanto, si ritrova automaticamente punto di riferimento per quella larga parte di iscritti senza pacchetti di tessere che vogliono un Pd rinnovato e ricostituito e tesse accordi proprio con la nomenclatura che aveva giurato di voler combattere. 

Sappiamo degli incontri avvenuti fra il Bar Tabù e il Caffè Renzelli tenuti rigorosamente segreti.

Nella lista Tursi senza il mio consenso

Tra l'altro io mi ritrovo inserito nella lista Tursi presentata a Rende senza che ne sapessi niente. C'era stata solo una segnalazione di Mario Franchino che per renderla valida aveva bisogno, naturalmente, del mio consenso.

Ho cercato Tursi, sia per chiedergli conto di quegli incontri, sia per sapere la composizione della lista di Rende. Al telefono non ha risposto. Al mio messaggio «Ti chiedo la cortesia di farmela (la lista) sapere adesso», ha risposto così: «io la cortesia di darmi spazio necessario di riflessione e lavoro» che tradotto in francese si legge "Affanculo Gianfranco". Un vero maleducato. 

D'altra parte anche i Ricostituenti si sono ricreduti. Tonino Simone scrive che Tursi «ha disatteso miseramente» le ragioni dell'accordo con i Ricostituenti «in nome di una realpolitik, misera, frivola e fine a se stessa». Mario Franchino, dal canto suo, scrive sul gruppo WhatsApp: «Io ho intuito molto bene la situazione da un po' di tempo e da qualche giorno mi sono tirato fuori per evidenti problemi politici che non mi appartengono. Io sono fuori dalla campagna congressuale e non andrò sicuramente a votare».

Morale della favola da Controcorrente, Tursi si ritrova consapevolmente Allineato. 

Effettivamente la democrazia stanca. I suoi riti, le opinioni degli altri, le votazioni. Uffa! E' un vero rompimento. E allora? Allora chiudo il telefono.


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