di GIANFRANCO DE FRANCO
Ciascuno di quei 6 dirigenti del Comune di Rende che si sono sostituiti ai giudici e hanno assolto Manna, può essere associato perfettamente a uno dei tanti "Pensieri" di Marco Aurelio che recita: «Nessuno è più meschino di colui che gira intorno alle cose e, come dice il poeta, «scruta le viscere della terra» cercando di scoprire che cosa frulli nell’animo e nella mente degli altri, quando basterebbe che ognuno si limitasse ad ascoltare il dio che gli abita dentro, onorandolo con un culto sincero ... ciò che ci proviene dagli uomini ci è caro per i vincoli di parentela che ci uniscono tutti, anche se alcuni di essi ci fanno pietà, ma solo perché ignorano cosa siano il bene e il male: una cecità non dissimile da quella che impedisce di distinguere il bianco dal nero».
Non è in discussione la presunzione di innocenza per Manna, ma, nel caso dei 6, l'urgenza di sottomettersi al padrone senza che il padrone glielo abbia chiesto.
Questo dimostra ciò che abbiamo sempre saputo: la loro incapacità di gestione, la mancanza di professionalità, l'asservimento non alle leggi, ma al modo di aggirare le leggi per compiacere il padrone.
Con la loro complicità, il Comune sta andando alla deriva. Sta svendendo il patrimonio pubblico, sta privatizzando i servizi, sta utilizzando soldi pubblici per evidenti motivi di clientela.
Se al prossimo giro gli elettori di Rende ci daranno fiducia, questi burocrati forti con i deboli e deboli con i forti dovranno cambiare mestiere.
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